Svettano con una solennità imponente i Guardiani della Valle di Iovanna sul mare d'erba, come sospese nell'aria, colonne antropomorfe di un bianco accecante, icone di un ancestrale senso di identità con il territorio.
Riprende la forma dei guardiani monumentali dei luoghi sacri della storia delle civiltà del Mediterraneo, evocano figure mitologiche, come le sfingi, e li trasforma in simboli, espressioni stilizzate di una nuova sensibilità ambientale, un dialogo tra l'artificio umano e il paesaggio, in cui la mano umana diventa guardiana consapevole della natura, esaltando la sua unicità e nel contempo imponendosi allo sguardo per condurre alla riflessione. E' una delle funzioni più sacre dell'arte.
Lo studio plastico crea l'illusione ottica di essere seguito, di essere osservato da un paesaggio che si emancipa dalla condizione di oggetto per diventare soggetto attivo: è emozionante osservare l'effetto, ovvero come il comune passante ignaro prima si senta osservato, quindi di conseguenza sia intimamente costretto a rallentare, in un attimo di estraniamento, e nel seguire di un respiro pieno, si fermi ad ammirrare un paesaggio vivo e vitale, altrimenti escluso dall'attenzione come semplice quinta del suo esistere nel mondo, improvvisamente diventato protagonista grazie alla porta d'ingresso costituita dall'opera.
Nell'idea concettuale della esposizione i Guardiani della Valle sono stati collocati ad un'estremità del parco proprio per la loro funzione: segnalare il punto d'ingresso al sentiero che risale la collina, come a segnalare l'inizio dell'ascesa lungo un purgatorio che porta dalla confusione della sovrastimolazione all'attenzione contemplativa dell'arte.
Svettano con una solennità imponente i Guardiani della Valle di Iovanna sul mare d'erba, come sospese nell'aria, colonne antropomorfe di un bianco accecante, icone di un ancestrale senso di identità con il territorio.
Riprende la forma dei guardiani monumentali dei luoghi sacri della storia delle civiltà del Mediterraneo, evocano figure mitologiche, come le sfingi, e li trasforma in simboli, espressioni stilizzate di una nuova sensibilità ambientale, un dialogo tra l'artificio umano e il paesaggio, in cui la mano umana diventa guardiana consapevole della natura, esaltando la sua unicità e nel contempo imponendosi allo sguardo per condurre alla riflessione. E' una delle funzioni più sacre dell'arte.
Lo studio plastico crea l'illusione ottica di essere seguito, di essere osservato da un paesaggio che si emancipa dalla condizione di oggetto per diventare soggetto attivo: è emozionante osservare l'effetto, ovvero come il comune passante ignaro prima si senta osservato, quindi di conseguenza sia intimamente costretto a rallentare, in un attimo di estraniamento, e nel seguire di un respiro pieno, si fermi ad ammirrare un paesaggio vivo e vitale, altrimenti escluso dall'attenzione come semplice quinta del suo esistere nel mondo, improvvisamente diventato protagonista grazie alla porta d'ingresso costituita dall'opera.
Nell'idea concettuale della esposizione i Guardiani della Valle sono stati collocati ad un'estremità del parco proprio per la loro funzione: segnalare il punto d'ingresso al sentiero che risale la collina, come a segnalare l'inizio dell'ascesa lungo un purgatorio che porta dalla confusione della sovrastimolazione all'attenzione contemplativa dell'arte.
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